Scienza e consenso popolare
Sul sito dell'università degli studi di Napoli Federico II, il rettore Guido Trombetti ha ripreso un argomento dibattuto sul Corriere del Mezzogiorno la scorsa settimana: scienza e consenso popolare. La questione è tanto semplice da enunciare quanto difficile da comprendere e risolvere: la scienza sta perdendo la sua capacità comunicativa, risultando incomprensibile per la stragrande maggioranza della gente, fino a provocare il rigetto. Da qui, i risultati (non solo quelli delle urne, ma anche e soprattutto quelli del dibattito: un combattimento tra galli sarebbe stato più dignitoso) del referendum 2005 sulla fecondazione assistita, e più in generale la riscossa della cultura teo-con e di nuovi fideismi di cui più avanti farò cenno.
La chiavarda del problema, dunque, è quell'anello di congiunzione, quella porta parallela di interscambio tra comunità scientifica e grandi masse: la divulgazione. In Italia, fatto noto a tutti, non esiste una diffusa pratica divulgativa: ad eccezione di SuperQuark, Le Scienze e poche altre testate, prevale un'attitudine sapientemente descritta da Trombetti, quella atta a "suscitare meraviglia (lo scoop) piuttosto che a trasmettere il metodo scientifico". Le conseguenze sono gravi: sfugge ad esempio il semplice e fondamentale concetto che ogni affermazione scientifica sussiste entro un determinato campo di esistenza, che la valenza di ogni tesi è definita dalle sue ipotesi. Non esistono asserti "assoluti", non esistono verità incontrovertibili, niente ipse dixit.
La frequenza di "aggiornamento" e/o di rivoluzione delle teorie spesso disorienta la gente, generando prima confusione, poi disinteresse, ed infine sfiducia. Questo accade proprio perché il metodo scientifico non è trasmesso a sufficienza.
Delegare tutta la responsabilità agli organi di informazione, però, sarebbe riduttivo e pretenzioso: anche la scuola dovrebbe fornire conoscenze e strumenti interpretativi in tal senso e, per quanto mi risulta, lo fa. Il problema evidentemente sta nel fatto che il suo messaggio non è abbastanza competitivo, impallidisce di fronte al culto dello scoop, di fronte alla potenza della meraviglia, alle tentazioni dell'ozio intellettuale e a situazioni contingenti che adesso definirò.
Nonostante la scuola sia aperta a tutti, non vuol dire che tutti possano frequentarla: nel nostro Paese vivono circa due milioni di analfabeti funzionali, e negli Stati Uniti addirittura quindici (ma ho sentito cifre più alte). Si tratta di individui con serie difficoltà nel compilare moduli di abbonamento al treno o di comprendere le condizioni di garanzia del nuovo televisore.
A ciò si aggiungono le classi sociali più povere, strette da esigenze ben più pressanti rispetto a quella sinora evidenziata.
Si potrebbe obiettare che gruppi più o meno vasti di persone disinteressate alla scienza e/o con un'idea imprecisa della stessa sono sempre esistiti nella storia contemporanea. Prendiamo come esempio in tal senso il rapporto tra creazionisti ed evoluzionisti negli Stati Uniti:
"Secondo un celebre sondaggio Gallup del 2001, basato su oltre 1000 interviste telefoniche, almeno il 45% degli adulti statunitensi concordava con l'affermazione secondo cui 'Dio creò gli esseri umani, con una forma pressoché identica all'attuale, nel corso degli ultimi 10mila anni circa'. Per costoro, quindi, l'evoluzione non ha avuto alcun ruolo nel farci diventare ciò che siamo. Solo il 37% degli americani intervistati era disposto ad ammettere una coesistenza fra Dio e Darwin [...]. Uno striminzito 12% ritiene che la specie umana si sia evoluta da altre forme di vita senza alcun intervento divino."
"L'aspetto più sconcertante di queste cifre non è che tanti americani rifiutino l'evoluzione, ma che la distribuzione statistica delle risposte sia cambiata ben poco in 20 anni. La Gallup ha proposto gli stessi quesiti nel 1982, 1993, 1997 e 1999. La convinzione creazionista non è mai scesa sotto il 44%." (da National Geographic Italia, Novembre 2004, pagina 6)
Se i creazionisti negli USA compongono da tempo una parte consistente della popolazione, come mai allora l'ultimo esplicito assalto - prima di quelli odierni - a Darwin risale a parecchi decenni fa? Da cosa hanno ripreso forza politica queste masse?
La prima risposta che mi viene in mente è: i principali e più potenti sistemi di comunicazione mediatica, ovverosia televisione e Internet, hanno concesso e concedono voce in capitolo alle più disparate correnti di opinione. Quanto più sono weird, stravaganti ed aggressive (ma soprattutto semplici), tanto più guadagnano spazio nel flusso delle informazioni quotidiane, per motivi di audience. In questa maniera, sparuti gruppi di adoratori dell'elefante intergalattico, ad esempio, precedentemente ignari dell'esistenza di altri omologhi, prendono coscienza di sé, decidendo infine di proporre i propri contenuti in maniera attiva, senza aspettare il microfono di un famoso cronista: la scelta, per forza di cose, ricade sulla Rete (per ragioni di efficacia), oltre che sulla politica (attenzione: non biasimo il meccanismo, ma l'uso che se ne fa).
Basta fare una ricerchina veloce veloce con un qualsiasi motore di ricerca per accorgersi della situazione, che vede protagonisti non solo i rampanti teo-con, ma anche i sostenitori dell'esistenza dei fantasmi, dell'origine extraterrestre delle nostre tecnologie più avanzate, di rattoppate filosofie orientaliste, di complotti vari e via discorrendo. Tutti con un obiettivo, più o meno collaterale e più o meno conscio: svilire la conoscenza scientifica. Su diversi forum ho visto persone scambiare i satelliti di Saturno per Ufo, costruendo affascinanti (ma insensate) teorie in proposito; ho visto dei granelli di polvere immortalati nelle fotografie venir chiamati "orbs" e catalogati tra i fenomeni paranormali. Ho visto inoltre un esplicito astio verso gli scienziati, definiti "arroganti" nel migliore dei casi, se non "disonesti" disposti a tutto pur di aver credito. I più arditi ripetono come un leit motiv la seguente affermazione: "la scienza non può spiegare tutto". E così giustificano anche la più infima delle cretinaggini, in virtù di una incomprensibile apertura mentale.
Ecco i nuovi fideismi (ai quali facevo riferimento ad inizio post) che, fiancheggiati dalle tradizionali e/o settarie confessioni religiose, dalla confusione generale cui contribuiscono media e affini (cinema, fiction televisive, libri: penso che di questa parentesi parlerò la prossima volta), minano la comprensione e la conseguente accettazione del metodo scientifico e della scienza stessa.
Parlavo della divulgazione come porta parallela perché anche le grandi masse possono influenzare la scienza, determinarne il corso: innanzitutto perché gli scienziati non discendono da un iperuranio misterioso, ma provengono dal tessuto sociale di ogni nazione; in seconda istanza, perché nelle democrazie il popolo decreta la condotta politica ed etica da adottare entro un determinato arco di tempo, e dunque anche il mondo scientifico deve uniformarsi ad essa (il caso più lampante è proprio la legge 40/2004, quella sulla fecondazione assistita).
La chiavarda del problema, dunque, è quell'anello di congiunzione, quella porta parallela di interscambio tra comunità scientifica e grandi masse: la divulgazione. In Italia, fatto noto a tutti, non esiste una diffusa pratica divulgativa: ad eccezione di SuperQuark, Le Scienze e poche altre testate, prevale un'attitudine sapientemente descritta da Trombetti, quella atta a "suscitare meraviglia (lo scoop) piuttosto che a trasmettere il metodo scientifico". Le conseguenze sono gravi: sfugge ad esempio il semplice e fondamentale concetto che ogni affermazione scientifica sussiste entro un determinato campo di esistenza, che la valenza di ogni tesi è definita dalle sue ipotesi. Non esistono asserti "assoluti", non esistono verità incontrovertibili, niente ipse dixit.
La frequenza di "aggiornamento" e/o di rivoluzione delle teorie spesso disorienta la gente, generando prima confusione, poi disinteresse, ed infine sfiducia. Questo accade proprio perché il metodo scientifico non è trasmesso a sufficienza.
Delegare tutta la responsabilità agli organi di informazione, però, sarebbe riduttivo e pretenzioso: anche la scuola dovrebbe fornire conoscenze e strumenti interpretativi in tal senso e, per quanto mi risulta, lo fa. Il problema evidentemente sta nel fatto che il suo messaggio non è abbastanza competitivo, impallidisce di fronte al culto dello scoop, di fronte alla potenza della meraviglia, alle tentazioni dell'ozio intellettuale e a situazioni contingenti che adesso definirò.
Nonostante la scuola sia aperta a tutti, non vuol dire che tutti possano frequentarla: nel nostro Paese vivono circa due milioni di analfabeti funzionali, e negli Stati Uniti addirittura quindici (ma ho sentito cifre più alte). Si tratta di individui con serie difficoltà nel compilare moduli di abbonamento al treno o di comprendere le condizioni di garanzia del nuovo televisore.
A ciò si aggiungono le classi sociali più povere, strette da esigenze ben più pressanti rispetto a quella sinora evidenziata.
Si potrebbe obiettare che gruppi più o meno vasti di persone disinteressate alla scienza e/o con un'idea imprecisa della stessa sono sempre esistiti nella storia contemporanea. Prendiamo come esempio in tal senso il rapporto tra creazionisti ed evoluzionisti negli Stati Uniti:
"Secondo un celebre sondaggio Gallup del 2001, basato su oltre 1000 interviste telefoniche, almeno il 45% degli adulti statunitensi concordava con l'affermazione secondo cui 'Dio creò gli esseri umani, con una forma pressoché identica all'attuale, nel corso degli ultimi 10mila anni circa'. Per costoro, quindi, l'evoluzione non ha avuto alcun ruolo nel farci diventare ciò che siamo. Solo il 37% degli americani intervistati era disposto ad ammettere una coesistenza fra Dio e Darwin [...]. Uno striminzito 12% ritiene che la specie umana si sia evoluta da altre forme di vita senza alcun intervento divino."
"L'aspetto più sconcertante di queste cifre non è che tanti americani rifiutino l'evoluzione, ma che la distribuzione statistica delle risposte sia cambiata ben poco in 20 anni. La Gallup ha proposto gli stessi quesiti nel 1982, 1993, 1997 e 1999. La convinzione creazionista non è mai scesa sotto il 44%." (da National Geographic Italia, Novembre 2004, pagina 6)
Se i creazionisti negli USA compongono da tempo una parte consistente della popolazione, come mai allora l'ultimo esplicito assalto - prima di quelli odierni - a Darwin risale a parecchi decenni fa? Da cosa hanno ripreso forza politica queste masse?
La prima risposta che mi viene in mente è: i principali e più potenti sistemi di comunicazione mediatica, ovverosia televisione e Internet, hanno concesso e concedono voce in capitolo alle più disparate correnti di opinione. Quanto più sono weird, stravaganti ed aggressive (ma soprattutto semplici), tanto più guadagnano spazio nel flusso delle informazioni quotidiane, per motivi di audience. In questa maniera, sparuti gruppi di adoratori dell'elefante intergalattico, ad esempio, precedentemente ignari dell'esistenza di altri omologhi, prendono coscienza di sé, decidendo infine di proporre i propri contenuti in maniera attiva, senza aspettare il microfono di un famoso cronista: la scelta, per forza di cose, ricade sulla Rete (per ragioni di efficacia), oltre che sulla politica (attenzione: non biasimo il meccanismo, ma l'uso che se ne fa).
Basta fare una ricerchina veloce veloce con un qualsiasi motore di ricerca per accorgersi della situazione, che vede protagonisti non solo i rampanti teo-con, ma anche i sostenitori dell'esistenza dei fantasmi, dell'origine extraterrestre delle nostre tecnologie più avanzate, di rattoppate filosofie orientaliste, di complotti vari e via discorrendo. Tutti con un obiettivo, più o meno collaterale e più o meno conscio: svilire la conoscenza scientifica. Su diversi forum ho visto persone scambiare i satelliti di Saturno per Ufo, costruendo affascinanti (ma insensate) teorie in proposito; ho visto dei granelli di polvere immortalati nelle fotografie venir chiamati "orbs" e catalogati tra i fenomeni paranormali. Ho visto inoltre un esplicito astio verso gli scienziati, definiti "arroganti" nel migliore dei casi, se non "disonesti" disposti a tutto pur di aver credito. I più arditi ripetono come un leit motiv la seguente affermazione: "la scienza non può spiegare tutto". E così giustificano anche la più infima delle cretinaggini, in virtù di una incomprensibile apertura mentale.
Ecco i nuovi fideismi (ai quali facevo riferimento ad inizio post) che, fiancheggiati dalle tradizionali e/o settarie confessioni religiose, dalla confusione generale cui contribuiscono media e affini (cinema, fiction televisive, libri: penso che di questa parentesi parlerò la prossima volta), minano la comprensione e la conseguente accettazione del metodo scientifico e della scienza stessa.
Parlavo della divulgazione come porta parallela perché anche le grandi masse possono influenzare la scienza, determinarne il corso: innanzitutto perché gli scienziati non discendono da un iperuranio misterioso, ma provengono dal tessuto sociale di ogni nazione; in seconda istanza, perché nelle democrazie il popolo decreta la condotta politica ed etica da adottare entro un determinato arco di tempo, e dunque anche il mondo scientifico deve uniformarsi ad essa (il caso più lampante è proprio la legge 40/2004, quella sulla fecondazione assistita).
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