martedì, febbraio 28, 2006

Lo stragismo del 1992-93

Dal 23 maggio 1992 al 28 luglio del 1993, cioé in poco più di un anno, Cosa Nostra mise a punto una sua strategia: un sistematico attacco esplicito a ciò che rappresenta lo Stato in Sicilia (prima) e in tutto il territorio nazionale (poi).
La mafia non era nuova a delitti di questo genere, indirizzati a personalità pubbliche come politici e magistrati. Nuova, però, era la carica simbolica di questi orrendi atti: non si colpiva più ad personam, per punire o per "educare"; si colpivano, invece, le punte di diamante dell'avversario per stabilire un primato su di esso. Una classica dimostrazione di forza atta a soverchiare il nemico e ad impressionare il contesto di lotta.
L'azione clamorosa diveniva il fine, le bombe il mezzo per perseguirlo.

30 gennaio 1992: si concluse il primo maxiprocesso contro Cosa Nostra; la Cassazione conferma numerosi ergastoli contro i più influenti capimafia dell'epoca.

23 Maggio 1992: cento chili di tritolo piazzati sulla Trapani-Palermo, all'altezza dello svincolo per Capaci, servirono ad assassinare il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco di Cillo, Antonio Montinaro. Ventiquattro i feriti totali.

19 Luglio 1992: Palermo, via D'Amelio. Il procuratore aggiunto Paolo Borsellino si trovava in visita alla madre. Lo investì una violenta esplosione nel momento in cui stava per uscire dalla sua auto blindata. Assieme a lui perirono gli agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cusina, Claudio Traina.

Le reazioni della società civile furono di sconcerto e abbattimento: Cosa Nostra aveva raggiunto il suo risultato.
<<Non si può fare più nulla. La mafia ha dato il colpo di grazia. La nuova strage è stata compiuta per spezzare la rivolta morale spontanea della gente dopo l'uccisione di Falcone. Hanno anche voluto azzerare la memoria storica del pool, il suo bagaglio di conoscenze e tensione morale... Ci sono troppi farisei, a Palermo, troppi amici dell'ultima ora. Ho già avuto modo di vederli due mesi fa ai funerali di Falcone...>> [Saverio Lodato, Venticinque anni di Mafia, pagina 300, BUR]. Queste le parole di Antonino Caponnetto, capo dell'ufficio istruzione di Palermo sino a metà degli anni Ottanta.

Tutto sembrava voler tornare come prima: gli inetti continuavano ad occupare i loro posti, i collusi pure, e i mafiosi cominciavano a nutrire la certezza che non avrebbero più avuti seri problemi dallo Stato. Ma successe qualcosa d'inaspettato; qualcuno sbagliò i calcoli.

<<Oserei dire che lo Stato finalmente si è svegliato. Sembra un miracolo. All'estero non credono ai loro occhi. Della sua presenza si sono accorti persino a Corleone, che è quanto dire. Quella presenza l'hanno avvertita nelle provincie della Sicilia più interna, nel nisseno, nell'agrigentino. Ma non sono state le divise dell'operazione Vespri Siciliani (migliaia di soldati dell'esercito vennero inviati nell'isola per "riprendere controllo del territorio"; l'operazione è durata dal 25 luglio 1992 all'8 luglio 1998, ndemack) a modificare il look. [...] Non era di uniformi che si sentisse la mancanza.
[...]
E' stata l'intera opinione pubblica italiana a mettere davvero paura allo Stato. La gente è arrivata sino alla soglia della stanza dei bottoni. [...] Finalmente tutti hanno potuto vedere. Tutti hanno visto allora che fra l'immensa forza di Cosa Nostra e la proverbiale debolezza delle autorità c'era un rapporto di simbiosi. Tutti hanno visto che non di sole armi, e di soli delitti, e di sole stragi, aveva vissuto la mafia. Tutti hanno visto chi era, che faccia aveva, come si esprimeva Totò Riina>> [Saverio Lodato, Venticinque anni di Mafia, pagine 326-327, BUR].

La consapevolezza. Era questo ciò che mancava agli italiani. Fino alle porte degli anni Ottanta vigeva la formula seguente: "la Mafia non esiste". Fino alle confessioni di Tommaso Buscetta e alla formazione del pool di magistrati antimafia, non si era mai vista una programmatica persecuzione degli uomini di Cosa Nostra. E, fino al sacrificio di Falcone e Borsellino, quasi tutti si sforzavano di ignorare una questione cruciale per la Sicilia e per l'Italia tutta. Fu come un brusco risveglio.

Meccanismi si ruppero.

24 Dicembre 1992: arrestato Bruno Contrada, numero 3 del Sisde ed ex-capo della squadra mobile di Palermo. L'accusa era di associazione mafiosa.

15 Gennaio 1993: catturato Totò Riina, capo dei Corleonesi e di Cosa Nostra, mandante delle stragi del 1992 e di centinaia di altri delitti.

27 Marzo 1993: accusato Giulio Andreotti per collusione mafiosa.

8-10 Maggio 1993: la visita di Giovanni Paolo II in Sicilia si trasformò in un gigantesco monito contro i mafiosi. "Convertitevi!", l'appello ai boss.

Vi furono delle reazioni.

14 Maggio 1993: in Via Fauro, a Roma, si udì una forte esplosione. 18 feriti. L'attentato aveva come obiettivo Maurizio Costanzo, ritenuto eccessivamente interessato agli affari dei clan.

27 Maggio 1993: via Georgofili, Firenze. Un Fiat Fiorino deflagrò, uccidendo Caterina Nencioni (era una neonata, ndemack), Nadia Nencioni (una bambina, ndemack), Angela Fiume, Fabrizio Nencioni , Dario Capolicchio. Ferite 48 persone. Abbattuta la Torre del Pulci, seriamente danneggiata la Galleria degli Uffizi.

27 Luglio 1993: via Palestro, Milano. L'esplosione di una Fiat Punto sventrò il Padiglione di Arte Contemporanea, portando con sé il suo tributo di corpi straziati: Moussafir Driss, Stefano Picerno, Carlo La Catena, Sergio Pasotto, Alessandro Ferrari. 12 feriti.

28 Luglio 1993: due autobombe, a pochi minuti di distanza tra di loro e quella a Milano, saltarono in aria in piazza S. Giovanni in Laterano e presso la Chiesa di San Giorgio al Velabro. Numerosi i feriti.

La stagione del sangue si concluse con 10 morti e 106 feriti: il prezzo di uno scontro frontale con lo Stato, <<colpito in alcune delle sue più rilevanti espressioni artistiche, culturali e religiose>> [Pierluigi Vigna, Stragi, 1997].

A tutt'oggi, non è ancora chiaro se l'Organizzazione operò da sola o coadiuvata da "poteri occulti" (servizi segreti, mafie internazionali, gruppi terroristici, politici). Sta di fatto, comunque, che nonostante le ritorsioni il 1993 sancì l'inesorabile declino della vecchia Cosa Nostra, ormai colpita al cuore per due volte (dal maxiprocesso e dalle indagini successive all'assassinio di Falcone e Borsellino). Negli anni seguenti il primato passò alla ben più temibile 'ndrangheta.